La Scarzuola: la città ideale di Buzzi

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Pensieri di Tomaso…

La Scarzuola è secondo noi uno dei posti super instagrammabili. È la città ideale del principe degli architetti: Tomaso Buzzi.

Marco Solari, il nipote di Tomaso, vi accompagnerà in questo luogo spirituale e magico allo stesso tempo, intriso di simboli da scoprire e comprendere. Il consiglio che vi diamo, è di non farvi ingannare dai modi di Marco, che sono uno stimolo e quasi un invito ad andare oltre alle apparenze e cogliere un mondo: l’autobiografia “in pietra” di Buzzi.

Qui sotto vi diamo alcune indicazioni utili per godere appieno di questo luogo meraviglioso e misterioso #SocialCorner.

«Ho pensato, una volta di più, al mio destino (mancato) di architetto teatrale e a quella sorta di vendetta che mi sto prendendo, finalmente, alla Scarzuola, esponendo i miei disegni e progetti e costruendo nei varî palcoscenici e nelle architetture annesse quel che non ho mai potuto “realizzare” nella mia lunga carriera di architetto, per la malignità dei tempi, e per la mancanza di fantasia, di grandezza, dei committenti».

«Quando sono con voi sono vestito e in cravatta, quando sono qui alla Scarzuola sono nudo e questo voi non potete sopportarlo».

«Questo luogo rappresenta il mio mondo, quello in cui ho avuto la sorte di vivere e lavorare, il mondo dell’arte della cultura, della mondanità, dell’eleganza, in esso ho fatto posto per le oasi di raccoglimento, di studio, di musica e di silenzio regno della fantasia delle favole e dei miti».

Così scrisse l’architetto, artista e designer di successo Tomaso Buzzi (nato a Sondrio nel 1900 e morto a Rapallo nel 1981) protagonista di uno dei capitoli più interessanti e poco studiati della storia delle arti visive del XX secolo.

Cinque sono i punti di riferimento da tenere in considerazione per avvicinarsi alla visita.

Il primo: il tempo

Il tempo, su cui Buzzi ritorna più volte nei suoi appunti, utilizzando il termine di Zeitlos, “atemporale”: «Il mio non è Impressionismo perché il presente è per me l’effimero: mi interessa non l’istante ma quel tanto di passato che il momento presente porta in sé e quel che ha in sé di avvenire. […] Cioè un effimero con “colore storico”, e atemporale al tempo stesso (Zeitlose), con controtempo, ma senzatempo»; «Tempo fuori dal Tempo (Zeitlose)»; «Mi piace l’arte fuori dal Tempo: Zeitlosekunst / Non fuori dal Tempo, o contro il Tempo, ma senza Tempo, né andar “controcorrente” (contro la corrente del Tempo)».

Buzzi, rimpiange quelle epoche felici che non conoscevano ancora la classificazione dei musei e il rigore storicistico: «Le sculture antiche non erano in quell’epoca fortunata chiuse nei musei, ma entravano a far parte integrale della decorazione delle sale dove si svolgeva la vita di tutti i giorni».

 «Come si può essere, come vorrei io, un architetto postumo?» Un uomo, Tomaso con lo sguardo rivolto al passato che: «Per contrasto con la Biennale…» dovette acquistare «2 volumi sulla pittura italiana del 300 e 400, “per lavarsi gli occhi” […] 2 compresse per togliersi lo sporco del mondo».

Buzzi che riutilizzò un portale proveniente dal palazzo di Diocleziano a Spalato per “incorniciare” l’Acropoli, definendola la “Ianua Cœli”.

Buzzi che intervenne sul passato senza preoccupazione di rispetto e tutela per le preesistenze: vedi il caso della chiesa francescana alla Scarzuola, così come la sistemazione di una parte di villa Maser, in cui Buzzi si confronta da pari a pari col Palladio.

Secondo punto: la rovina

Alla Scarzuola «la metamorfosi di un uomo in una rovina pietrosa».

La rovina esprime qualcosa di più profondo «Il tempo, cioè la mia vita, s’è fatto pietra, costruzione, e le costruzioni si disperderanno nel Tempo. Il mio tempo mortale s’è trasformato in pietra che mi piacerebbe immortale, e che invece sarà portata via dal Tempo», «non una casa vien costruita, non un’architettura progettata, ove la ruina non sia implicita, posta quale pietra di fondamento»

Alla fine, è sempre e soltanto la rovina che rimane: «I palazzi cambiano proprietà, vengono modificati o distrutti, le collezioni disperse, dilapidate. Solo le rovine rimangono: come Villa Adriana, villa d’Este, Bomarzo, o le abbazie come San Galgano in Italia e altre altrove; Leptis, Sabrata, Baalbec, ecc.,
per citare le cose più grandi»

Buzzi stesso ha anticipato, e in qualche modo reso nulla, l’azione del tempo, lasciando quasi tutta la sua opera allo stato di non-finito, di abbozzo, di frammento: dalle migliaia di appunti sparsi e schizzi conservati nel suo archivio, fino a quella vera e propria “autobiografia in pietra” che è la Scarzuola.

Sul non-finito, che si apparenta anche col tema della “metamorfosi”, che è altrettanto buzziano, Tomaso ci ha lasciato una serie di brevi cenni sparsi: «[…] amo il non finito, l’Infinito, il vibrante».

L’importanza del non-finito è tale, che Tomaso gli dedicherà, addirittura, uno dei suoi sette teatri alla Scarzuola.

Terzo punto: il Teatro

La dimensione del teatro conclude la triade che comprende lo Zeitlos e il non-finito. La vita di Buzzi è come “pietrificata”, per usare un’espressione di Tomaso stesso, nel Gran Teatro della Scarzuola, perché, come egli ha scritto in un bellissimo frammento sparso, rispondendo alla domanda della “scelta teatrale”, il teatro è «il vero modo, l’unico legittimo in architettura, per ispirarsi, riprendere, riecheggiare forme del passato, modi di espressione, uso di materiali, manierismi, ecc., senza cadere nel pericolo delle ricostruzioni»

Sette i Teatri alla Scarzuola, con l’Acropoli che fa addirittura da scena teatrale esterna, «salvo la parte sacra, in cui il protagonista è Dio, con Madonna e Santi, tutto è un teatro e quando qualcuno (e son molte persone) mi domandano [sic] quali spettacoli farò eseguire, posso rispondere che, per me, il protagonista è il silenzio; è il creuse del’homme (che non è il vuoto)», “Creux”: silenzio, vuoto, ma anche “cavità”, dunque… teatro.

Il protagonista è il silenzio della cavea vuota: nei disegni, come nel Gran Teatro della Scarzuola.

Il vuoto dei suoi disegni, quando ancora ventenne disegnò a matita un’enorme quantità di tavole e affreschi del Trecento e Quattrocento eliminandone, però, tutti gli attori, uomini, donne, bambini e animali, riducendo quei dipinti a delle mere scene teatrali vuote.

La Scarzuola […] l’assieme del mio Teatro non ha confronti: perché fra i teatri privati (quello Olimpico di Vicenza è di una accademia) solo il farnesiano a Parma e prima quello di Sabbioneta non sono come il mio.

Il quarto punto: L’Hypnerotomachia Poliphili

L’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, ovvero il combattimento amoroso in sogno di Polifilo, recita la traduzione letterale del titolo greco che tratta di un viaggio iniziatico che ha per tema centrale la ricerca della donna amata, metafora di una trasformazione interiore alla ricerca dell’amore, un romanzo allegorico, pubblicato nel 1499, il testo di riferimento di Buzzi per il suo visionario progetto dell’anima.

Quinto punto: Marco Solari

Solari è il nipote dell’architetto che non credeva nell’eternità delle opere, perché lo divertiva l’idea che la natura un giorno si riprendesse i luoghi dove l’uomo ha costruito ed è per questo che utilizzò uno dei materiali tra i più friabili: il tufo.

Marco Solari il nipote che eredita la Scarzuola e dopo aver, per un trentennio, recuperato e ricostruito, utilizzando gli innumerevoli disegni, le scene di teatro in pietra realizzate e poi distrutte o fatte distruggere da Buzzi, conduce i visitatori nel mondo di Tomaso.

Solari, però non è una semplice guida di una città di sogni, ma introduce ad un percorso iniziatico.

La Scarzuola “se si vede e ascolta” confonde la mente, scardina le convinzioni sedimentate, entra nell’anima portando in lidi di Se nuovi.

La Scarzuola non lascia indifferenti, va “oltre”, forse perché «Può anche darsi che, in futuro, se avrò fatto in tempo a concludere la Scarzuola sia visitata come un luogo Sacro?» come Bomarzo che dista da qui pochi chilometri.

Bibliografia: Tomaso Buzzi, Il principe degli architetti 1900-1981 a cura di Alberto Giorgio Cassani, saggi di Guglielmo Bilancioni, Alberto Giorgio Cassani, Enrico Fenzi, Alessandro Mazza, Paola TognoEditore: Mondadori Electa